La
Habana, Atene, Parigi, Berlino, Kuala Lumpur, Sofia, Marrakech ..e quante altre?
..ma ecco Il Cairo: una nebulosa di 15 milioni di persone, idee, caratteri,
storie nella galassia della terra dei faraoni.
Uomini antichi ancora la popolano, antichi migliaia di anni ed ogni anno è
contato dalle ferite, dalle pieghe del corpo, dai solchi sul viso. Uomini che
lavorano, uomini superbi e dignitosi, uomini coraggiosi ma anche uomini
sfacciati.
Uomini dalla pesante eredità, pesante almeno quanto gli oltre due milioni di
blocchi che compongono la piramide maggiore a Giza.
Si vive come si può, al Cairo. I padroni delle amplissime strade che tracciano
l'anatomia del sistema circolatorio cairota, sono piccoli mostri a quattro ruote
privi di sonno e coscienza, malmessi e arrugginiti, sporchi e ammaccati, tutti
coperti dai segni delle quotidiane battaglie condotte per correre, girare,
scappare, ritrovarsi. Il loro respiro è denso, nero e alto si libra, coprendo
l'orizzonte nel cielo sopra la città. La loro voce è roca, insistente o alta,
stridula
entrambe costanti, prive di alcuna flessione nell'intensità. Quando sei
sulle loro orme, fai attenzione ad ognuno di questi piccoli mostri. Ti arrivano
addosso da destra quando da destra non te li aspetti
ti piombano sulle gambe da
sinistra quando da sinistra non avrebbero senso.
Ecco però chi di mostri non ne vuol cavalcare. Ecco chi ha deciso che la vita
non può solo essere corse, giri, fughe ma anche evocazione, attaccamento alla
propria eredità che così trattata non è più un peso ma un'ancora.
La dignità di questi uomini
la mia collera... la mia invidia.
Già
questa città riserva sorprese anche ai più avvezzi all'avventura. Se
tralasci ciò che di turistico offre e ti incunei nella sua storia incontri
anime, migliaia di anime nelle loro 'città dei morti'. Queste 'città' nella
città sono ettari ed ettari di sepolcri, uno di fianco all'altro abitati da chi
non si è mai staccato dai propri morti, a volte per personale e volontario
rispetto, altre perché è la storia a dettare le regole, altre ancora perché non
c'è scelta. E io li ho incontrati, li ho conosciuti, mi hanno ospitato nei loro
avelli, offerto del the. Ho incrociato le loro vite e ho incrociato i loro
morti. Ciò che non c'era e che tipico dovrebbe essere di una tomba è il buio.
Là dove ti aspetteresti la morte, là trovi tutt'altro: lavoro domestico,
bancarelle per la vendita di scarpe e vestiti usati, locali per fumare la shisha
e bere the e anche se le strade sono in minor parte asfaltate e perennemente
costeggiate o invase da immondizia mai ti senti a disagio. Quanto di brutto c'è
in più e di bello manca è compensato dai saluti, dai sorrisi e dagli inviti di
chi lì abita, di chi lì vive.
Ma se è lo spettacolo della morte che cerchi, fai molta attenzione perché è lo
spettacolo che può arrivare da te, inaspettato, travestito, nella totale
indifferenza di chi guarda alla morte come una porta che si apre su un mondo
migliore.
Allora stai camminando, stai studiando, stai ammirando questa splendida città ed
ecco che volti l'angolo e la trovi, anche se veste i panni di un asino; a te che
non hai la loro scorza, la loro abitudine, a te che sei pronto a tradurre altre
situazioni, fa effetto. Un moto spontaneo e irregolare agita le tue membra alla
vista della morte in una delle sue locali espressioni, alla vista di una forma
di indifferenza. Ti senti diverso, non migliore o peggiore, soltanto diverso.
Ricorda però, lettore, che loro non sono diversi da te: sono uomini che amano,
che hanno passioni, che hanno amore
sono pieni d'amore.
La forza di questi uomini
la mia collera... la mia invidia.
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