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Normandia e luoghi del D-Day PDF Stampa E-mail
Scritto da Mauro Gilioli   

Sono partito con le immagini di 'Salvate il soldato Ryan' negli occhi e con mille pensieri in testa, combattuto tra passato e presente, alla ricerca di conferme.



Il viaggio per arrivare in Normandia è tranquillo, perfino rilassante.
Chi viaggia sa che le strade francesi sono le migliori d'Europa: niente traffico, indicazioni precise e puntuali e panorami sempre nuovi a tenere compagnia.
Arrivo a Rouen nel tardo pomeriggio ma approfitto delle ultime ore di luce per visitare il centro della città.
La piazza principale e il mercato coperto annesso, a forma di cappello, mi colpiscono per l'originalità, ma anche la cattedrale e tutto il centro non sono certo da meno.
L'indomani mattina parto alla volta di Etretat per vedere il mare e le falesie di cui tanto ho sentito parlare. In effetti il paesaggio è bellissimo e, con i suoi colori pastello, trasmette tranquillità.
I due sentieri che arrivano sulle falesie sono decisamente in salita, ma tra le vedute spettacolari e le foto non mi rendo conto dei chilometri fatti.
Verso le due del pomeriggio lascio Etretat per la tappa successiva: Caen.
Il mio itinerario prevede il passaggio da Le Havre e Honfleur attraverso il pont de Normandie, uno dei cinque ponti più lunghi del mondo. L'area di servizio prossima al ponte si collega a due strutture sospese che a loro volta conducevano proprio sul ponte.
Sotto un sole estivo impiego più di mezz'ora per arrivare sotto al primo pilone e lì rimango ad osservare il porto di Le Havre e tutta la baia. Uno spettacolo bellissimo.
Arrivo a Caen verso le sei. Lasciati i bagagli in Hotel mi precipito a Courseulles Sur Mer.
Juno Beach mi ha accolto con i colori del tramonto.

A ridosso della spiaggia c'è un sentiero dove sono stati sistemati cartelli e placche che raccontano, in modo avvincente, gli episodi relativi allo sbarco, spiegano i fatti e ci ricordano i protagonisti di quei giorni.
Nei passaggi ,che dal sentiero portano alla spiaggia, sono state collocate delle istallazioni che ricreano azioni militari.
Nelle vicinanze del piccolo porto c'è un bunker bombardato, ormai per metà sotto la sabbia. Poco più in là un grande crocefisso e in fondo alla spiaggia dal lato opposto l'imponente croce di lorena.

Qui è difficile non pensare.
Riesco a staccarmi da Juno beach solo quando non c'è più luce.
Il mattino successivo la sveglia è all'alba. Sul mio taccuino c'è Arromanches.
Il cuore di Gold beach. Arrivo di primo mattino.
Il paese sembra deserto, uno di quei paesini fantasma che si vedono nei film. Il parcheggio vicino alla spiaggia è completamente vuoto e anche sulla spiaggia non c'è nessuno.
Mi infilo in una via laterale alla ricerca di un bar per allontanare gli ultimi residui del risveglio anticipato. La brioches è all'altezza della fama ma il cappuccino è al limite della bevibilità. Mi riprendo dal conto del bar e sono già in spiaggia.
L'alta marea l'ha lasciata completamente bagnata.
La nebbia concede una visibilità di poche decine di metri, creando così un'atmosfera surreale. Cammino qualche minuto verso il mare prima di vedere, in lontananza, le sagome dei 'Phoneix', i cassoni usati dagli alleati per costruire i due porti artificiali al largo di Arromanches. Sessantaquattro anni dopo la sua costruzione mi trovo a camminare fra i pezzi di un ponte fatto per durare poche settimane.
Sulla Gold beach il silenzio è assordante. Prendo la macchina fotografica e inizio a scattare.
Per più di due ore mi sono isolato da tutto il resto del mondo.

All'inizio della spiaggia c'è il Musèe du Debarquement la cui visita vale il costo del biglietto.
Qui, a parte cartine e plastici che ricostruiscono gli spostamenti di navi e truppe in quel periodo, sono conservate le uniformi ed alcune armi dei corpi militari americani e canadesi .
Ma la cosa più impressionante è il filmato originale di quei giorni che documenta, in modo straordinario, le operazioni di costruzione dei due porti artificiali e tutto ciò che è avvenuto i giorni successivi allo sbarco.
Soddisfatto della visita ho ripreso il viaggio: destinazione Colleville Sur Mer.
Ad attendermi la famosa Omaha Beach.
La strada che porta alla spiaggia è praticamente ad una corsia, perciò costringe ad una velocità ridotta e ad una guida prudente e quando si rischia di perdere la speranza di arrivare ecco che, da dietro alcune colline, appaiono l'intera baia e la spiaggia di Omaha in tutta la sua bellezza.
Proseguo fino al parcheggio. Nel raggio di chilometri c'è un'unica costruzione che poi si rivela essere un bar. Decido di pranzare e mentre divoro il panino, mi preparo a 'sentire ' il posto.
Usciti dal bar non c'è nulla per i primi tre/quattrocento metri, solo campi verdi e la spiaggia poi inizia una salita alla fine della quale, sotto uno strato d'erba, si possono intravedere i bunker che da qui in avanti occupano gran parte dell'area.
I bunker sono tutti collegati a formare una intricata rete sotterranea, esistono delle strutture di accesso ma sono tutt'ora ben mimetizzate.
Sulla collina, alle spalle della spiaggia il monumento in memoria alla prima divisione di fanteria decimata il giorno dello sbarco sembra fare la guardia.
Rimango a fissare la spiaggia per un po', poi riprendo il mio viaggio.
A pochi chilometri da Omaha c'è il cimitero di guerra americano. E' un luogo di straordinaria tristezza.
All'interno del cimitero è presente un memoriale a forma semicircolare con al centro un'enorme statua di bronzo, di fronte il pratino all'inglese si estende a perdita d'occhio, incorniciato ai lati da laghetti rettangolari, oltre i quali sono sistemate in perfetto ordine più di novemila croci bianchissime.

Cammino fra le croci senza pensare. Non ci riesco. Guardo solamente, mi avvicino, leggo i nomi e così per non so quanto tempo. Quando esco la giornata è finita e il mio viaggio anche.

 

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