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La spedizione PDF Stampa E-mail
Scritto da Matteo Massi   

L'infinita distesa di cime s'innalzava davanti ai nostri occhi. Era la mattina del 20 Luglio 2008 e una cinquantina di persone stavano per intraprendere un viaggio....




 ....., ma non un viaggio qualunque; il viaggio che si sarebbero portati dentro per molto tempo.
Non era una mattina come tante, era la mattina della partenza.  Erano le quattro e la notte in camerata era passata bene.
Il primo giorno era servito per arrivare al rifugio 'Caduti dell'Adamello' dal quale sarebbe partita la nostra spedizione.


Il percorso previsto per questa mattina si snodava tra immensi ghiacciai, passi da valicare per concludere con l'infinita discesa lungo la val di Fumo, un immenso prato che porta a Storo, un piccolo paesino della Val di Daone.
Di prima mattina sono giunti al rifugio gli uomini del soccorso alpino e l'esercito che ci avrebbero accompagnato vigilando su di noi.
Subito ci hanno divisi in piccoli gruppi.
Io mi sono ritrovato ad essere il 'capo' cordata, non che il mio compito fosse impossibile, ma l'emozione saliva sempre di più. Il mio ruolo consisteva nel condurre il mio gruppo lungo il tragitto, stando attento ad evitare crepacci.
Finalmente alle quattro e trenta il via della spedizione. Gli uomini del soccorso controllarono uno a uno che tutti i nostri ramponi fossero montati correttamente per la nostra incolumità e fecero passare le corde negli imbraghi di ogni persona. Una corda per gruppo. Essendo io il capo cordata dovevo tenere in mano la corda rimanente.
Ad aprire il tutto quattro membri del soccorso e subito dietro io e il mio gruppo. L'idea di essere in testa era eccitante. In lontananza si ergeva maestoso l'Adamello ancora avvolto nella foschia notturna, sembrava assopito.

 Davanti a noi iniziava la Vedretta della Lobbia, il ghiacciaio da affrontare. A poco a poco la montagna sembrava addobbata di mille luci, erano i bagliori delle nostre pile frontali, che ci permettevano di vedere il percorso e le sue impervie.
Stavamo salendo, un piede dopo l'altro, la montagna sembrava svegliarsi e la cima non sembrava più cosi irraggiungibile.


Il sole iniziava a far capolino fra la cima del Crozzon di Lares e il Corno di Cavento; e le nostre torce, una ad una, iniziavano a spegnersi.
Ormai la luce artificiale non ci serviva più, la natura ci stava aiutando illuminandoci la strada e scaldandoci dal freddo della notte.
Ero sempre più teso, avevo paura di inciampare e trascinare a terra tutto il mio gruppo.
Le punte dei nostri ramponi penetravano dolcemente nel ghiaccio, lasciando il segno indelebile del nostro passaggio.
Dopo due ore di cammino lento ed attento venne finalmente il momento di levarsi i ramponi per percorrere l'infinita Val di Fumo.


Davanti ai nostri occhi una valle splendida. Abbandonato il bianco invernale dei ghiacciai, davanti a noi i colori estivi facevano capolino, il verde dell'erba, la trasparenza dei ruscelli e l'azzurro del celo.
Colori fantastici, che ci hanno accompagnato giù e poi sempre più giù lasciandoci alle spalle quelle cime impervie, imponenti e impossibili fino a questa mattina; ma che ora erano solo un ricordo, uno splendido ricordo per noi.


Ed in men che non si dica davanti a noi Storo.
Eravamo pronti a salutarci e darci appuntamento ad un altr'anno.

 

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