Zea era un ragazzo molto intelligente e ben educato,
possedeva un Toyota corolla e faceva il tassista nella povera e triste ma
dignitosa città di Yangon. Avevo conosciuto Zea appena due ore dopo il mio
arrivo in Myanmar (ex Birmania) all'uscita dello Strand hotel, dove mi ero
recato a visitare negozi di rubini e lo stile coloniale del palazzo. Girai col
taxi per qualche giorno visitando la città,tanto la corsa costava niente,ma
anche e sopratutto perchè non riuscivo proprio a trovare un posto decente per
mangiare;alla fine incontrai il panda restaurant, grande e frequentato, così non
mi mossi più.
L 'unica cosa di cui avevo sentito parlare a Yangon, oltre l'estrema povertà,
era il palazzo del Karaweik, splendido dragone a due teste e simbolo
dell'architettura kitsch, posto sul lago Kandwagy; quando ci andai per un
aperitivo, le zanzare stavano per mangiarmi vivo. Era febbraio e tra poco
sarebbe arrivato il monsone, la temperatura era perfetta e nel cielo non si
vedeva una nuvola, un cielo terso,da cartolina.
Di notte con Zea, da qualunque parte andassi, vedevo la bellissima cupola dorata
della pagoda Shwedagon, monumento simbolo della città e del Myanmar,con i suoi
700 q.li d'oro che brillavano nella dolce e tranquilla notte asiatica. Lasciai
le scarpe fuori in uno dei tanti ingressi e salii, ammirando dall'alto il bel
"parco del popolo", i tanti monaci coi loro mantelli arancio e la gente
silenziosa in preghiera, era anche domenica.
Un grande profumo d'incenso fra le centinaia di statue del Buddha poi tanto
misticismo e dignità; una vecchia carrucola portava le misere offerte verso lo "stupa",
dove potevano entrare solo i servizi fotografici con permesso. Il mio
efficientissimo tassista scoprì anche una meravigliosa piscina di un vecchio
hotel che si specchiava nelle acque di un laghetto, mi dissero che una delle due
bianche villette coloniali in fondo, apparteneva alla signora Aung San Suu Kiy,
premio nobel e già a quei tempi agli arresti domiciliari. Avrei voluto tanto, ma
proprio tanto, fare visita alla signora Aung San, però era solo il secondo anno
che si entrava in Myanmar e non potevo rischiare,per la giunta militare
comunista,di finire i miei giorni proprio lì.
Ero solo con un amico e con il tassista, ricco dei miei pochi dollari, in un
paese dove gli uomini non portavano i pantaloni ma il "sarong", una coperta
avvolta nella vita, e dove a est nello Shan, c'era la famosa zona di produzione
dell'eroina detta "golden triangle". Credo a Pegu andai a vedere la statua
enorme di un Buddha disteso, quando si avvicinò un vecchio con in mano una
gabbietta e dentro un passerotto, dicendomi che pagando un dollaro avrei potuto
liberare il volatile. Gliene detti due di dollari e liberai il passerotto
pensando alla signora Aung San, purtroppo l'uccellino ha avuto la sua libertà ma
la signora ancora no.
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